Il sindaco di Roma, bontà sua, sfoggiando “vigoria e potere” ha voluto proiettarci nel passato con il suo anatema! “… Perché non tornano dalle fogne da cui sono venuti? E la smettano questi eredi del nazifascismo di dare lezioni di rigore e democrazia a noi” riportano gli organi di informazione.
Senza dubbio un raro esempio di stile, democrazia e tolleranza che la città eterna, capitale d’Italia, proietta al mondo con questo “diktat”.
Eppure sono passati 47 anni da quando nei cortei risuonava implacabile, spietato e persecutorio lo slogan “fascisti carogne tornate nelle fogne”. E seguirono anni bui di lacrime e sangue!
Se la nostra italica società è improntata a questo concetto di democrazia e progresso allora noi italiani non siamo i più titolati ad occuparci, a livello internazionale, di pace e libertà.
Dove vogliamo andare se ai massimi livelli istituzionali si trovano persone che reagiscono alle contestazioni (o richieste di dimissioni) esprimendo concetti pregni di settarismo manicheo?
E poi cosa chiedono questi oppositori classificati come reprobi da fogna? L’applicazione di quelle stesse leggi che non perdonano i piccoli comuni, per i quali il minimo “fumus mali” comporta il commissariamento.
E meno male che Roma non appartiene al sud e che la “querelle” all’origine del diktat sia nella sostanza tra “gentiluomini non mafiosi”!
Chissà quanti fedeli servitori dello stato, quanti Italiani che hanno dato la vita per la patria si stanno rivoltando nelle tombe.
Ma quanti in Italia, investiti di alti incarichi e cariche, si ritengono gli unici sacri custodi di verità, luce, giustizia, democrazia, bene?
Si credono dei grandi leaders? Pensano di essere guide e pastori infallibili? Bene allora si mettano in prima fila e percorrano davanti al “popolo” o al “gregge” (come sembra preferiscono trattarlo) e percorrano per primi (e sempre in bella vista) la strada che indicano dai loro fortini: così se i loro sentieri portano alla gioia per primi la assaporeranno; se portano alle lacrime e al dolore per primi piangeranno e soffriranno.
Non dimentichiamo che i grandi condottieri del passato precedevano i loro popoli e le loro truppe; e il buon pastore evangelico chiama le pecore perché lo seguano e non le spinge!
Non abbiamo tante speranze! Specialmente noi Siciliani!
In Italia i pregiudizi etnico-sociali-politici (insomma tutti i pregiudizi) nascono-crescono-si propagano con velocità sorprendente ed eterni durano (come le culture e i potentati che li creano): che speranze restano a noi isolani, etichettati con tutte le infamie passate-presenti-future, nostre e di altri, reali o inventate alla bisogna?
Questa Italia dove tutti possono protestare, contestare, esaltare i propri gusti e tendenze, professare qualsiasi filosofia e religione e poi succede che: chi protesta perché ai “poveri” italiani vengano assicurati soldi e servizi come i “poveri” ospiti è offeso come razzista; chi manifesta per la famiglia è deriso come “omofobo”; che predica la ragione è pazzo o nazi-fascista; chi è “cristiano” deve nascondere i suoi simboli e quanto prima la sua fede!
Ma cosa hanno letto e studiato i nostri “infallibili” capi?
Dove ci vogliono “spedire”? Nei verdi pascoli o in qualche deserto inospitale e senza vita?
O piuttosto dobbiamo chiedere: è tutta farina del loro sacco?
E non approfondiamo per ora il medio evo (allora le genti potevano sceglere se morire per l’imperatore o il papa, sommi titolati per distribuire cariche e prebende) politico democratico che ci soffoca da alcuni decenni.
Per “esigenze di dialogo” abbiamo in passato letto alcuni autori che andavano allora per la maggiore: sinceramente neanche miscelando a caso i loro scritti (condivisibili o meno che siano) si potrebbe arrivare all’attuale caos dell’intelletto.